venerdì 8 maggio 2009

Lezioni italo-americane - la bancarotta /7

La prima puntata di questa serie, che contiene una legenda e alcuni riferimenti e link, la trovate qui

Dopo aver parlato delle tre procedure concorsuali liquidatorie e di una serie di aspetti tecnici quali le revocatorie e la bancarotta, affrontiamo oggi l'ultima procedura prevista dalla Legge Fallimentare, che è anche la più bella e interessante, almeno a mio parere e nei limiti in cui queste cose possono essere considerate interessanti.
Si tratta anche della procedura che ha subito maggiori cambiamenti dal 2006, avvicinandosi molto al modello del Chapter 11 americano: ed è per questo che l'ho lasciata per ultima e le dedicherò un certo spazio.

il Concordato Preventivo
Ricorderete che un imprenditore che ha più debiti che patrimonio è insolvente e quindi soggetto alla dichiarazione di fallimento: e anzi il fatto di non richiedere tempestivamente il proprio fallimento può essere un comportamento penalmente rilevante, se da ciò ne derivi un aggravamento del proprio stato di dissesto patrimoniale (è infatti questa una delle ipotesi di bancarotta semplice).
Esiste tuttavia una scappatoia al fallimento: il Concordato Preventivo. Vediamo anzitutto come funzionava fino al 2006, poi passeremo all'esame della riforma.

L'imprenditore che si trovasse in stato di insolvenza poteva chiedere al Tribunale l'ammissione al Concordato preventivo, purché meritevole (e quindi avesse tenuto regolarmente i libri contabili, non fosse già fallito in precedenza etc.), con una domanda con la quale doveva offrire di pagare integralmente i creditori privilegiati e almeno al 40% i creditori chirografari (cioé, come ricorderete, i creditori privi di cause legittime di prelazione). I soldi per far ciò dovevano venire da una fonte affidabile e garantita, oppure dalla messa a disposizione dei creditori di tutti i propri beni, purché il loro di valore fosse tale da far ritenere possibile raggiungere la percentuale del 40% per i chirografari.

In pratica, il debitore formulava una domanda che conteneva:
- l'elenco dei propri debiti, con l'indicazione se garantiti o chirografari;
- l'indicazione della somma messa a disposizione e garantita, oppure l'elenco dei propri beni con le perizie che ne stabilissero il valore;
- la dimostrazione matematica che i soldi disponibili (tecnicamente il Fabbisogno concordatario) potevano consentire il pagamento integrale dei creditori privilegiati, e che il rapporto tra quanto restava e i crediti chirografari fosse maggiore del 40%.
Il Tribunale verificava che la proposta non fosse palesemente campata per aria e nominava un Commissario giudiziale, il quale doveva fare le pulci a tutta l'impresa, verificando i crediti, i beni, la gestione degli anni precedenti  e insomma un po' tutto, dopodiché produceva una relazione, nella quale se del caso venivano corretti o aggiornati i numeri presentati dal proponente.
La relazione veniva discussa in un'assemblea detta Adunanza dei creditori, all'esito della quale i creditori chirografari potevano votare a favore o contro la proposta di Concordato (i privilegiati non potevano votare, dato che per loro era previsto il pagamento integrale); le maggioranze necessarie erano di 1/2 dei creditori (per testa) e 2/3 dei crediti (per importo).
Se le due maggioranze venivano entrambe raggiunte, veniva convocata l'udienza per l'omologazione del Concordato, nella quale il Tribunale doveva verificare non solo che le maggioranze fossero effettivamente raggiunte, ma anche:
- che la proposta di Concordato fosse conveniente per i creditori;
- che le garanzie offerte o il valore dei beni messi a disposizione fossero congrui e realistici;
- che l'imprenditore fosse veramente meritevole.
In caso positivo il Tribunale dichiarava l'Omologazione del Concordato: cioé dichiarava che l'accordo era stato raggiunto ed era vincolante per tutti i creditori, che avessero votato o meno a favore.
Si trattava, come vedete, di una procedura abbastanza complessa; e per l'imprenditore era un percorso ricco di insidie, dal momento che se qualcosa andava storto in tutti questi passaggi, automaticamente il Tribunale dichiarava il fallimento.
Tuttavia era una procedura molto importante, in quanto se andava a buon fine evitava il fallimento, e questo vuol dire, fra l'altro, non essere soggetto alle imputazioni per bancarotta semplice o fraudolenta, non subire le incapacità previste per legge e così via.
Il Concordato aveva anche altre importantissime differenze rispetto al Fallimento: anzitutto nel caso ci fossero beni da vendere, questi potevano essere realizzati a trattativa privata, e quindi per solito meglio rispetto all'asta pubblica.
Ma la cosa più importante era che non potevano essere avviate le revocatorie fallimentari; e difatti in ultima analisi l'adunanza dei creditori esprimeva sempre parere favorevole, salvo nel caso in cui l'imprenditore avesse fatto tali e tante porcherie che ci si poteva attendere che un Fallimento, azionando le revocatorie, avrebbe portato a casa un bel po' di soldini in più; e quindi in ultima analisi ripartire di più ai creditori.
Era poi una procedura comunque sempre soggetta al controllo del Tribunale, che doveva anche valutare la convenienza per i creditori, e poteva decidere di bocciare la proposta anche se i creditori avessero votato a favore: e ciò nel presupposto che i creditori erano relativamente manipolabili; o comunque, non essendo dei tecnici, potevano non cogliere gli elementi che avrebbero dovuto farli propendere per il Fallimento. Era, insomma, un'impostazione un po' paternalistica, legata comunque ad un'economia molto più arcaica, nella quale il singolo aveva bisogno di essere guidato, nel presupposto che non fosse del tutto in grado di badare ai propri interessi. Non prendete questa considerazione come un giudizio di valore, bensì solo come una constatazione; vedremo infatti nella successiva puntata come le cose siano cambiate, e potremo cercare insieme di capire se lo siano in meglio o in peggio.

(continua)

1 commento:

Anonimo ha detto...

azionando le revocatorie, avrebbe portato a casa un bel po' di soldini in più; e quindi in ultima analisi ripartire di più ai creditori.
Era poi una procedura comunque sempre soggetta al controllo del Tribunale
Vediamo se ho capito.
Prendendo i creditori col credito minore (in modo da raggiungere il 50% delle persone), fino a raggiungere i 2/3 del totale del debito, ci si sarebbe potuti mettere d'accordo (sottobanco, ovviamente) per far avere loro il 100%. In questo modo si sarebbe avuto comunque un risparmio del 60% sul restante 1/3=20% rispetto al credito avanzato dai chirografari.

Forse è per questo che l'ultima parola era sempre lasciata al giudice.

Se è giusto questo, ho capito tutto. :)

Fang.

 

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